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giovedì 21 marzo 2024

AL LARGO DI SANTA CRUZ “Si torna sempre, ma solo dove si è stati bene”

 

 



Il libro di Filomena Baratto, A largo di Santa Cruz, ha trovato in me diversi risonatori. Sono una fiabista e mi ha colpito intanto la struttura dell’opera, una struttura archetipale che segue molto le funzioni di Propp. Ma di questo parlerò meglio dopo.

Il racconto, tessuto con ricchezza di dettagli, personaggi complessi e intrecci narrativi, si svolge attorno alla figura centrale di Jacopo Stazio, un capitano di nave mercantile, e il suo viaggio sia letterale che metaforico attraverso amore, perdita, avventura e redenzione. La narrazione si dipana su uno sfondo di viaggi marittimi, intrighi economici e relazionali, toccando tematiche profonde come il destino, la lealtà, l'amore perduto e ritrovato, e la ricerca della propria identità e felicità.

La storia inizia con la partenza della nave Madeira dal porto di Napoli, sottolineando immediatamente il tema del viaggio e del cambiamento. Jacopo appare come un personaggio complesso, diviso tra le responsabilità familiari e professionali, con un matrimonio che porta con sé delle complessità emotive. La partenza della Madeira non è solo fisica ma simbolizza anche la distanza emotiva tra Jacopo e Sara, sua moglie, evidenziando il tema della lontananza nelle relazioni. L'elemento del viaggio verso Lagos, capitale della Nigeria, aggiunge un ulteriore livello di avventura e incertezza, con la tensione data dal carico eccessivo della nave e dalla deviazione non prevista verso le Azzorre. Questo inizio pone le basi per una narrazione ricca di sviluppi, sia sul piano dei personaggi che su quello della trama avventurosa. La narrazione si approfondisce nel rivelare un passato amoroso con Rose, una donna che Jacopo ha amato in gioventù e che è stata allontanata da lui per decisioni familiari e sociali.

Il viaggio della Madeira si rivela pieno di pericoli fisici e morali. Jacopo affronta tempeste sia letterali, con la nave che rischia di affondare, sia figurative, nelle sue relazioni personali e nella scoperta di intrighi che lo coinvolgono personalmente e professionalmente. Tutto nel romanzo segue la doppia scia: il piano letterale e quello figurato si ricorrono come onde del mare. È infatti anche metaforico il viaggio. Lo è il carico pesante della nave. Lo è la distanza che lui prende dalla moglie Sara. Lo sono le burrasche del mare.

La storia prende una svolta drammatica quando Jacopo, creduto morto in un incendio a bordo della nave, si ritrova cieco ma vivo. Questa condizione lo porta a riflettere profondamente sulla sua vita, sui suoi errori e sulle possibilità di redenzione e rinnovamento. Naturalmente, anche la cecità di Jacopo diventa metafora di una ricerca interiore e di una purificazione, attraverso la quale cerca di riconciliarsi con il suo passato e di trovare una nuova direzione per il suo futuro.

La narrazione trova la climax nel confronto tra Jacopo e Krups, un antagonista chiave nella storia, che rivela ulteriori livelli di intrighi e manipolazioni.

Senza spoilerare il finale, diciamo  solo che offre una chiusura circolare e simbolica al racconto. La circolarità è molto presente nel racconto della Baratto. Un racconto possibilista, che racchiude in sé la magia delle seconde possibilità che la vita può offrirci, se ci crediamo fermamente. Con fede. La frase "si torna sempre, ma solo dove si è stati bene" sintetizza il tema del ritorno, non solo geografico ma emotivo e spirituale, alla propria essenza e alle radici del proprio essere.

 

Conclusioni- Il libro della Baratto è un viaggio attraverso la tempesta della vita, dove i personaggi sono costantemente messi alla prova da forze esterne e interne. Attraverso le vicissitudini di Jacopo e degli altri personaggi, l'Autrice esplora temi universali come l'amore, il tradimento, la redenzione e il significato stesso dell'esistenza. Cos’è l’esistenza? Ce lo aveva detto Itaka di Konstantinos Kavafis.o altri come Marcel Proust: “Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre ma nell’avere nuovi occhi ”.  Inoltre, la Baratto ha saputo descrivere anche con dovizia di tecnicismi: il dettaglio dell'impasto usato per il rattoppo della nave aggiunge un elemento di autenticità marittima, illustrando le pratiche di emergenza in situazioni critiche. Con uno stile ricco di immagini e un intreccio complesso, la storia affascina e coinvolge, lasciando il lettore con profonde riflessioni sulla capacità umana di affrontare le avversità, di cambiare e di trovare la propria via verso la luce, anche attraverso le tenebre più oscure.

Il racconto fin qui descritto presenta la struttura archetipale di molte narrazioni. Si possono nettamente individuare diverse Carte di Vladimir Propp, teorico russo che ha identificato una serie di funzioni ricorrenti nelle antiche narrazioni, non solo fiabesche, ma applicabili anche a narrazioni più complesse. Tant’è che erano presenti anche nei poemi omerici. Si pensi all’Iliade e all’Odissea; ma anche all’Eneide. Io ne ho individuate qui almeno una dozzina, che cito.

1. Allontanamento (funzione I): Questa funzione si verifica quando il protagonista, Jacopo, lascia il porto di Napoli. L'allontanamento segna l'inizio dell'avventura e la transizione dal mondo familiare a quello sconosciuto.

2. Divieto (funzione II): Il "divieto" lo troviamo nelle restrizioni sociali e familiari che hanno impedito a Jacopo e Rose di restare insieme in gioventù.

3. Violazione (funzione III): La partenza della Madeira contro le preoccupazioni di Jacopo riguardo al carico eccessivo può essere vista come una violazione di un principio di sicurezza.

4. Ricerca (funzione VIII): Jacopo intraprende una ricerca non solo fisica, verso destinazioni come le Azzorre e Lagos, ma anche emotiva, cercando di riconnettersi con Rose e affrontare i suoi sentimenti.

5. Lotta (funzione XI): La lotta di Jacopo contro le tempeste e i sabotaggi alla nave rappresenta questa funzione, così come la sua lotta interiore con i sentimenti di tradimento e perdita.

6. Aiuto (funzione X): Jacopo riceve aiuto in varie forme, come quando Filippo gli organizza l'incontro con Rose o quando Maggie prova a intervenire.

7. Riconoscimento (funzione XVI): Il riconoscimento avviene quando Jacopo e Rose si riconoscono alla festa organizzata da Krups, nonostante il tempo trascorso e i cambiamenti nelle loro vite.

8. Esposizione dei falsi eroi (funzione XXV): Questa funzione può essere vista nella rivelazione delle vere intenzioni di personaggi come Montero e Krups, che si presentano con motivazioni nascoste.

9. Transfigurazione (funzione XXIX): La cecità di Jacopo e la sua successiva accettazione di una nuova identità rappresentano una transfigurazione, attraverso la quale il protagonista subisce una trasformazione interiore ed esteriore.

10. Ritorno (funzione XXX): Il ritorno di Jacopo a Sorrento, dove decide di stabilirsi e vivere una vita più pacifica, chiude il ciclo del viaggio.

11. Matrimonio (funzione XXXI): Sebbene il racconto non culmini in un nuovo matrimonio per Jacopo, la riconnessione con Rose e la scoperta di un figlio segnano un'unione emotiva e il completamento della sua ricerca personale.

Queste funzioni di Propp nel racconto illustrano sì la struttura archetipale di molte narrazioni, ma evidenziano altresì come storie complesse e moderne possano ancora riflettere schemi narrativi profondamente radicati nella tradizione letteraria.

La cosa che più mi ha colpito in assoluto di questo libro e per la quale mi è parso di entrare in connessione con la personalità dell’Autrice è il fatto che questo romanzo sia fortemente Possibilista, che offra le cosiddette “Seconde possibilità”. Non era facile per Jacopo re-incontrare la sua Rose della gioventù al largo di Santa Cruz. Una visione magica della vita, che offre fiducia, seducendo il lettore con accadimenti incredibili, come l’arrivo di Moreno con la nave marocchina, nel posto giusto al momento giusto, quando il lettore stava tremando.  E l’elemento magico è rappresentato anche dalla veggente, Cornelia. “Si torna sempre, ma solo dove si è stati bene” è una delle frasi che colpiscono il lettore. Le cose belle accadono, ma solo se siamo disposti a lottare per esse. È questo il messaggio sotteso al testo. La fede nel viaggio di cui parla Kavafis. La fiducia nel cuore. Lui sa.

E il bellissimo personaggio Cornelia dirà: “Non disperi, Capitano. La vita va e viene. Tutto è a doppio: il bello e il brutto, il sano e il malato, l’uomo ha bisogno dell’uno e dell’altro”. C’è tanta saggezza in questa bellissima frase. Ci condensa il senso della vita. Ne dà la chiave di lettura.

Alle funzioni di Propp si aggiungono - ho notato – confessioni e soprattutto confidenze, come strutture ricorrenti. Sì, i personaggi si lasciano andare a confidenze. Sono, mi pare, funzionali al dipanarsi della storia con i suoi numerosi intrighi. Linguaggio, questo, più vicino alla soap opera, ai teleromanzi. E che dunque mescola strutture narrative più moderne a quelle classiche individuate prima. E il romanzo mi pare si presti ad essere pellicola anche perché ha un favoloso protagonista, il Mare. Che non è soltanto spettatore delle vicende di Jacopo.

Secondo me, è proprio l’anima dell’Autrice.

 

Relatrice: Prof.ssa Sonia D’Alessio

 

 

sabato 6 novembre 2021

L’AMORE C’è

 


L’AMORE C’è

Sono rimasta a lungo immobile dopo aver riagganciato il telefono. Quella connessione a sorpresa con te che mi ha riportato a me. Ho iniziato a buttar fuori un mare di fiato caldo. Compresso. Come un vomito, buttavo fuori qualcosa che non so dire. E ad ogni esplosione di fiato, rimettevo in moto il cuore come la vecchia carcassa della mia auto. A scoppi. Dalle viscere del mio essere ho cacciato, o forse scacciato, croste di buio, vicoli ciechi, bugie, carezze mancate. Ho vomitato le mie emozioni abortite rimaste nella pancia, gomitoli di sentimenti rintanati nel buio delle paure.

Poi sono rimasta immobile, nuda, le gambe serrate, raggomitolata come un feto. Per tanto tempo. In compagnia delle mie emozioni ingarbugliate, legate, recluse nell’oscurità. Ho aperto la gabbia e le ho lasciate libere di volare. Volare nelle stanze del cuore. Immobile e nuda, ma assai presente, mi sono lasciata attraversare. Attraversare dal verbo Sentire.

E… l’ho sentito. Cosa? Il pulcino che ha picchiettato al guscio e piano piano è uscito: da antri bui, da lande straniere, da spinosi deserti. Piccolo e vulnerabile, ma con un indice di Apgar alto. Piccolo e ribelle. Tutto da amare.

 È uscito.

 Un pulcino che si chiama Amore.

L’Amore c’è.




domenica 9 maggio 2021

AL DI LA' DELLA SIEPE

 


 

L’Amore è una soffice nuvola del Paradiso

e io solo un puntino sulla terra.

Umana e fragile sono,

in questo guscio di mondo finito.

Ma sogno il blu,

sogno te.

Lancio una monetina

al di là della siepe.

I miei desideri conosce…

E mi ritrovo lassù sulla nuvola,

dove porto il mio modo di amarti,

 finito e infinito.

 

Al di là della siepe.

 

Maggio ‘21


UNA FETTA D'INFINITO

 


L'amore madre-figlio
è dall'altra parte della siepe.
Ci tira fuori dal guscio, dalla scorza
e ci lancia oltre il finito e altro

venerdì 30 aprile 2021

VOGLIO ESSERE RIVOLUZIONARIA

 


 

Sto.

Mi fermo al centro della curva.

Nessuna estenuante spinta verso l’alto.

Almeno non per voi.

Stanca di essere perfetta.

Mi vado bene così. Minuta e fragile.

Oggi voglio essere libera

di essere mediocre,

abbattere la tensione della lotta.

Non voglio vincere.

Accettatemi così.

Sto.

Come il cinque

al gioco del sette e mezzo

 


mercoledì 21 aprile 2021

I MIEI ARNESI

 


Ho trovato buchi nella mia vita -

freddi come spifferi di vento

 a incunearsi negli scuri delle finestre rotte.

Li ho tappati come meglio sapevo.

Ho trovato buchi nel tetto della mia casa

 e la pioggia mi allagava l’anima.

Una scala ai muri fradici ho poggiato,

con coraggio son salita a murare

 i buchi del tetto.

Ho trovato buchi nelle travi del pavimento,

che ho riparato come meglio potevo.

E altri buchi ho trovato e tappato.

E i miei arnesi erano sempre uno solo:

 l’Amore!




 

SCIARPE

 



Dei miei baci, dei tuoi baci,

 feci ghirlande

da appendere all’albero della vita.

E collane.

Perline che infilavo con amore.

Costruii sciarpe

a intiepidirmi l’inverno.



Solo, restano le stalattiti

di quelli mai dati,

abortiti, perduti,

dimenticati, negati

AMANTI

 


Non eravamo marito e moglie,

nè pane e vino

o rosa e stelo.

Non eravamo coppia.

Come una tazza

con un piattino, 

spaiati e diversi,

senza pretese e vanità,

i bordi consunti,

i colori graffiati,

scalfiti dal tempo.

Eravamo anime nude, 

salate,

a cospetto del cielo,

la mia ombra s’infilava nella tua,

la tua voce entrava dentro me

a navigare il mio sangue.

Attimi.

Solo attimi.

Non era possibile restare,

combaciare e incollare

anime e destini,

troppo il movimento del nostro spirito:

fluttuavano le anime

come lenzuola al vento.

Così, nascendo e morendo


nello stesso giorno,

compivamo il nostro destino

di essere amanti.


 

venerdì 24 aprile 2020

Poesie di Sonia Fiammetta


Dal mio libro di poesie SACAVARSI DENTRO - #poesieinquarantena


IL MIO CANTO LIBERO - CAVIARDAGE al tempo del coronavirus

IL MIO PRIMO CAVIARDAGE - SCRITTURA CREATIVA - Il Metodo Caviardage è un Metodo di scrittura poetica che aiuta a scrivere poesie e pensieri attraverso un processo ben definito ed un gran numero di tecniche e strategie, non partendo da una pagina bianca ma da testi già scritti: pagine strappate da libri da macero, articoli di giornali e riviste, ma anche testi in formato digitale. Grazie alla contaminazione con svariate tecniche artistiche espressive (quali il collage, la pittura, l’acquarello, etc.) si dà vita a poesie visive: piccoli capolavori che attraverso parole, segni e colori danno voce a emozioni difficili da esprimere nel quotidianoI

sabato 15 febbraio 2020

La prima volta

Fu quando spalancasti il sipario del tuo sorriso
la nostra prima volta.
Davanti a una timida cioccolata calda
in un fumoso bar di periferia.
Suonava un Chet Baker
il suo jazz.

Mi tolsi il cappello della solitudine
troppo a lungo portato:
la tua anima interpretava
 versi e silenzi
che mi abitano
da ere ancestrali.
Ti riconobbi, eri tu:
il mio diapason
da secoli, da millenni.
Mi spogliai di viltà.
La nostra prima volta.
Mi tolsi pure le scarpe delle parole.

Muta restando,
I tuoi occhi erano i miei
Il mio battito, il tuo.

Mi sfilai le calze
in un giro di cucchiaino.
Mi infilai sotto le lenzuola
di tre pasticcini
profumati di marmellata.

Guardavi le mie dita sottili
e nude.
Le intrecciavi alle tue.
Erano le nostre mani
già incollate di argilla
per l’amore che immediatamente
costruivano.

Il nostro primo giorno
siamo stati muratori, ceramisti, scultori
di un impasto di vene e destino.

Il barista portò lo scontrino:
avevamo comprato cioccolata, pasticcini
e qualcosa che si chiama Noi.
La tromba di Chet non ha smesso mai.


venerdì 14 febbraio 2020

Le storie sono il mio pigiama

Le donne che leggono, scrivono o recitano sono pericolose perchè non si annoiano mai, qualunque cosa accada hanno sempre una via di fuga, una poesia che le emoziona, un tramonto, una colonna sonora; se ne infischiano se le fai troppo soffrire perchè loro s'innamorano di un altro libro, hanno voglia di scrivere un'altra storia, interpretare un altro ruolo... e ti abbandonano... perchè nelle storie ci sono altri personaggi su cui accendere i riflettori. E soprattutto ci sono loro, le protagoniste.


sabato 1 febbraio 2020

ANIMA

 Anima, se ti pare che abbastanza
vagabondammo per giungere a sera,
vogliamo entrare nella nostra stanza,
chiuderla, e farci un po’ di primavera?
...
Della più assidua pena, della miseria più dura e nascosta, anima, noi faremo un poema. (U. S

aba)

LEZIONI D'AMORE

Marlene Dietrich amò Edith Piaf per anni.
Per anni Edith Piaf non ricambiò il suo amore.
Forse se ne approfittò.
Marlene per lei fece tutto.
Tutto quello che una divinità può fare per un'altra divinità, se innamorata.
Dall'accompagnarla ai concerti in giro per il mondo, al consolarla nella tragedia, perfino condurla dai suoi infiniti amanti segreti, quelli che riscuotevano quell'amore che a Marlene non toccava.
Una sola cosa fermò l'amore di Marlene.
Lo racconta nella sua autobiografia del 1984: “Quando prese a drogarsi, cessai di esserle fedele.
Era più di quanto potessi sopportare. [...] Ero disperata.
Le droghe non erano pericolose come quelle di oggi - non esisteva l'eroina né altre sostanze altrettanto dannose - ma erano pur sempre droghe e io rinunciai ad aiutarla.
Il mio amore per lei persisteva ma era diventato inutile.
Abbandonai Edith Piaf come una bambina perduta, che si rimpiangerà sempre, che porterò sempre nel profondo del cuore."
Come scrive lei stessa, l'amore che Marlene aveva per Edith non sparì mai.
E come avrebbe potuto? Era lo stesso che la portò a farsi fotografare inginocchiata ai suoi piedi per sistemarle una scarpa proprio il giorno delle sue nozze.
Lei, diva di tutte le dive, che ai suoi piedi, avrebbe avuto per sempre il mondo.
Ma l'amore questo fa, rende uomini tutti gli dei.
Era il 1952, a Parigi.
Il fotografo Nick de Morgoli.
Le fotografie che hanno fatto la storia

#ALDAMERINI

Quando venni ricoverata per la prima volta in manicomio, ero poco più di una bambina, avevo sì due figlie e qualche esperienza alle spalle, ma il mio animo era rimasto semplice, pulito, in attesa che qualche cosa di bello si configurasse al mio orizzonte; del resto, ero poeta e trascorrevo il mio tempo tra le cure delle mie figlie e il dare ripetizione a qualche alunno, e molti ne avevo che venivano e rallegravano la mia casa con la loro presenza e le loro grida gioiose.
Insomma, ero una sposa e una madre felice, anche se talvolta davo segni di stanchezza e mi si intorpidiva la mente. Provai a parlare di queste cose a mio marito, ma lui non fece cenno di comprenderle e così il mio esaurimento si aggravò e, morendo mia madre, alla quale io tenevo sommamente, le cose andarono di male in peggio, tanto che un giorno, esasperata dall’immenso lavoro e dalla continua povertà e poi, chissà, in preda ai fumi del male, diedi in escandescenze e mio marito non trovò di meglio che chiamare un’ambulanza, non prevedendo certo che mi avrebbero portata in manicomio.
Fu lì che credetti di impazzire. Ma allora le leggi erano precise e stava di fatto che ancora nel 1965 la donna era soggetta all’uomo e che l’uomo poteva prendere delle decisioni per ciò che riguardava il suo avvenire.
Fui quindi internata a mia insaputa, e io nemmeno sapevo dell’esistenza degli ospedali psichiatrici perché non li avevo mai veduti, ma quando mi ci trovai nel mezzo credo che impazzii sul momento stesso: mi resi conto di essere entrata in un labirinto dal quale avrei fatto molta fatica a uscire.
Mi ribellai. E fu molto peggio. La sera vennero abbassate le sbarre di protezione e si produsse un caos infernale. Dai miei visceri partì un urlo lancinante, una invocazione spasmodica diretta ai miei figli e mi misi a urlare e a calciare con tutta la forza che avevo dentro, con il risultato che fui legata e martellata di iniezioni calmanti. Non era forse la mia una ribellione umana? Non chiedevo io di entrare nel mondo che mi apparteneva? Perché quella ribellione fu scambiata per un atto di insubordinazione? Un po’ per l’effetto delle medicine e un po’ per il grave shock che avevo subito, rimasi in istato di coma per tre giorni e avvertivo solo qualche voce, ma la paura era scomparsa e mi sentivo rassegnata alla morte. Quella scarica senza anestesia.
Dopo qualche giorno, mio marito venne a prendermi, ma io non volli seguirlo. Avevo imparato a risconoscere in lui un nemico e poi ero così debole e confusa che a casa non avrei potuto far nulla.
E quella dissero che era stata una mia seconda scelta, scelta che pagai con dieci anni di coercitiva punizione.
Il manicomio era sempre saturo di fortissimi odori. Molta gente addirittura orinava e defecava per terra. Dappertutto era il finimondo. Gente che si strappava i capelli, gente che si lacerava le vesti o che cantava sconce canzoni. Noi sole, io e la Z., sedevamo su di una pancaccia bassa, con le mani raccolte in grembo, gli occhi fissi e rassegnati e in cuore una folle paura di diventare come quelle là.
In quel manicomio esistevano gli orrori degli elettroshock. Ogni tanto ci assiepavano dentro una stanza e ci facevano quelle orribili fatture. Io le chiamavo fatture perché non servivano che ad abbrutire il nostro spirito e le nostre menti. La stanzetta degli elettroshock era una stanzetta quanto mai angusta e terribile; e più terribile ancora era l’anticamera, dove ci preparavano per il triste evento. Ci facevano una premorfina, e poi ci davano del curaro, perché gli arti non prendessero ad agitarsi in modo sproporzionato durante la scarica elettrica. L’attesa era angosciosa. Molte piangevano. Qualcuna orinava per terra. Una volta arrivai a prendere la caposala per la gola, a nome di tutte le mie compagne. Il risultato fu che fui sottoposta all’elettroshock per prima, e senza anestesia preliminare, di modo che sentii ogni cosa. E ancora ne conservo l’atroce ricordo.

giovedì 9 gennaio 2020

RICUNUSCENZA, di TOTO'.

Per le vacanze non ho dato assegno. Solo una poesia di "Avviamento al teatro", RICUNUSCENZA, di Totò. I ragazzi mi hanno fatto morir dal ridere oggi: "Professorè, grazie alla vostra poesia, m'aggio abbuscato 50 euro. Ncoppa 'a seggia!" "Io 60!" "Je ciento, pressorè. Sulo nonnema m'ha dato 50 euro, l'è piaciuta assaje!" 
Ho risposto che volevo la parte mia, allora. 
E Marco:"No, pressorè, je non sparto cu nisciune!"

Io nella mia vita ho incontrato il classico serpente e non avrei dovuto salvarlo perchè ha tentato di mangiarmi. Per fortuna, era solo un brutto sogno, è finito!

lunedì 6 gennaio 2020

ECCOMI NELLA SERIE TV I BASTARDI DI PIZZOFALCONE CON GASSMAN

Per un'attrice è sempre una grande esperienza partecipare a una serie di grande successo di rai1 giunta alla terza edizione. Mi sono divertita. Mi vedrete nelle prime 4 puntate nel ruolo di dottoressa. 

 Questo è l'attore Eugenio Krauss, austriaco. Fa una parte molto importante ma non vi svelerò nulla.

sabato 4 gennaio 2020

Vissi d'arte, vissi d'amore, non feci mai male ad anima viva! Con man furtiva Quante miserie conobbi aiutai. Sempre con fè sincera La mia preghiera


 Dopo la tournè teatrale e poi la partecipazione al film con Gassman I BASTARDI DI PIZZOFALCONE per RAI1 nel ruolo di una dottoressa (e tante altre cose), eccomi ieri e oggi a Presentare l'Opera in Teatro. Meraviglioso il mio abito di seta e organza, scollato, tempestato di gioielli e con lo strascico. La vita è bella. Assaje.

venerdì 3 gennaio 2020

LA MIA ELEZIONE A DIVA DELL'ANNO DALLA COMMUNITY FACEBOOK

ELETTA DALL'INTERNATIONAL DIVA DELL'ANNO COMMUNITY PER LA 18ESIMA VOLTA ADDIRITTURA. NON SAPETE QUESTA COSA QUANTO MI SUSCITA ILARITà. AH AH . LA VITA è UN GIOCO. ECCO LE MIE 18 VOLTE:   https://www.facebook.com/groups/126641597516466/search/?query=SONIA%20FIAMMETTA&epa=SEARCH_BOX

giovedì 2 gennaio 2020

Cin Cin

Alla fine ciò che conta non sono gli anni nella vita, ma la vita che metti in quegli anni! ( A. Lincoln) E io ci provo ogni giorno

Come iniziare l'anno nuovo

Da tempo ho deciso come iniziare ogni nuovo anno e come dare senso alla mia tredicesima: sostenendo un bambino a distanza. La mia si chiama Brighet e viene dall'Uganda, uno dei paesi più sfortunati del Pianeta. Accanto a lei ci sono i volontari de I BAMBINI DI ANTONIO GALLO. Fatelo anche voi

mercoledì 1 gennaio 2020

Non è mai tardi per leggere nell'animo umano

Sotto lo scialle

L’Amore che ho donato
Era il sussurro di una poesia
Non ascoltata
Persa nel vento.
Sotto la pioggia della vita
Da pozzanghere grigie
L’ho raccolto come uccellino bagnato.
Tra le pieghe dello scialle di lana
Lo stringo al mio cuore

 (Sonia D'Alessio)

venerdì 13 dicembre 2019

SONIA

Tra vent’anni non sarete delusi delle cose che avete fatto ma da quelle che non avete fatto. Allora levate l’ancora, abbandonate i porti sicuri, catturate il vento nelle vostre vele. Esplorate. Sognate. Scoprite. (Mark Twain)

giovedì 12 dicembre 2019

QUIETE

Vi è tanto Silenzio intorno a me, mi fermo, lo ascolto. Ascoltare il Silenzio risveglia in me la dimensione della quiete interiore. Quando noto il Silenzio non sto pensando, la mia mente è vuota e consapevole! Sono presente a me. Ed è allora che so - io so - che ci sei. Non sei mai andato via. Sei la parte vellutata custodita tra i petali di una Rosa. 

giovedì 5 dicembre 2019

Nessun attaccamento

Il passato non ti appartiene; lascialo andare quindi alle tue spalle. Quello che aveva da insegnarti lo ha già fatto nel momento in cui lo hai vissuto e l'informazione si è fissata indelebilmente in ogni tua cellula. Lascialo quindi fluire dietro di te, liberalo e libera in questo modo te stesso da ogni attaccamento e da ogni rimpianto. 


sabato 30 novembre 2019

LIBERSONIA


"L'anima libera è rara, ma quando la vedi la riconosci, soprattutto perchè provi un senso di benessere quando gli sei vicino." (Charles Bukowski)

martedì 26 novembre 2019

L'Alcova


Planò un’anima sulla mia spalla
Un giorno che guardavo
Il tramonto
Incendiare l’orizzonte.

Aveva gli occhi puliti
Di ragazzo sincero

La riscaldai nelle mie mani
Ritrovandomi in un lampo
Ad amare
La sua voce garbata da Mylord.

Per lei mollai tutto
Vivendo un amore
Viscerale e profondo.

Mi sentivo una regina,
di giochi e di segreti.

Allestii una semplice alcova
Con mille piccoli dettagli:
ci mangiavamo
per ore
e ore
e ore…

Oggi schiudo le mani
Assecondando il suo volo
E saluto nel velo delle lacrime
Quella schiena
Che si fa un puntino lontano
Senza un perché

C’è più affetto nell’addio
Che nell’incontro


lunedì 25 novembre 2019

IO..MAI Più PAURA



Mai più i miei capelli tra le tue unghie.
mai più il mio cuore di cristallo
sotto i tuoi piedi di ciclope.
mai più il boato tellurico dei tuoi insulti
che, come tifone nella conchiglia della mia anima,
spazza via sogni e silenzi che mi cullano.
Mai più i tuoi schiaffi come ragnatele
sul mio viso di bambina.
Mai più l'urlo del tuo sguardo di brace e dardi
timbrato nei miei spalancati occhi di neve.

Voglio andare nuda e scalza
su una strada irta e innevata,
mangiare polvere e silenzio,
avere freddo e fame,
sentire la solitudine e il fardello degli anni,
la schiena ricurva,
i seni vizzi, le gambe inermi.
Ma… andare.
Io. Mai più paura. 

(Sonia Fiammetta D'Alessio)


venerdì 22 novembre 2019

Il mio cuore, le sue zone erogene. Il Nutrimento.

Me ne sto tranquilla, la mente è un lago immobile, il cuore un oceano di ricordi emozionali. Tutto profuma, intorno a me c'è bellezza e Amore. Il mio ventre ha custodito la vita, i miei seni hanno allattato. Oggi sono una  Donna Evoluta, il mio corpo ha conosciuto l'essere Donna: la vita crescermi dentro, muoversi, l'esperienza del parto naturale (!!!), che sei sveglia e cosciente e attendi e vedi tutto, quell'esserino bagnato che il medico ti poggia sulla pancia, e lo senti piangere, respirare per la prima volta. E poi l'allattamento. Quella piccola boccuccia che ti succhia. Stai nutrendo, Sonia! Regalando la tua energia perchè il Pianeta viva! Stai partecipando alla vita su questa Terra!  E queste emozioni sono impresse a fuoco nella mia carne. Fanno parte della mia pelle, la rendono speciale, quando mi tocco il ventre liscio, il seno, le mie mani da Madre. Che hanno impastato per i figli, che hanno lavorato per loro, cucito i vestititini di Carnevale, preparato le torte di compleanno, rimboccato le coperte.  Ho molto da ringraziare, io. Il mio percorso di donna mi ha resa più forte, più bella. Nessuna ruga mi ha scalfita, nessuna perdita mi ha segnato l'espressione del viso. Lo sguardo non è accigliato, il mio sonno è tranquillo, gli occhi limpidi e sinceri. Forse proprio perchè ringrazio sempre per ciò che ho avuto. Sorrido al girotondo della mia vita. Namastè